Gutenberg

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Il catalogo Gutenberg

Patrizia Valduga Daniele di Bonaventura

Uno strato di buio uno di luce

Gutenberg 3026

Patrizia Valduga (voice), Daniele di Bonaventura (bandoneon).

1) E così sia; 2) Donna di dolori I; 3) Per bisogno d’amore; 4) Donna di dolori II; 5) Nera notte; 6) Donna di dolori III. 1/3/5 music by Daniele di Bonaventura; 2/4/6 lyrics by Patrizia Valduga (selected by “Donna di dolori”, 1991, Giulio Einaudi Editore)

Live recorded on 12 th July 2013, at Calle Ghirardi, Mirano (Venezia), by Luigi Rossi; edited and mastered in November 2022 at Nufabric Studio, Fermo, by Daniele di Bonaventura and Daniele “Jack” Rossi.

È da oltre 40 anni che l’associazione Caligola, da cui sono nate nel 1994 l’omonima etichetta e nel 2010 Gutenberg, organizza concerti. Succede però che in mezzo a più di un migliaio di serate ve ne siano alcune che più di altre rimangono impresse nella memoria. Una di queste è quella che ha visto l’incontro fra la poetessa Patrizia Valduga ed il bandoneonista Daniele di Bonaventura, proposto all’interno del festival “Mirano Oltre”, che ha per tema il rapporto fra parole e musica. A dieci anni di distanza, dopo aver ottenuto l’approvazione di Einaudi e dei suoi due protagonisti, quella registrazione, catturata fortunosamente dal mixer, viene finalmente pubblicata. Questa volta il “live” ha davvero colto quel qualcosa in più, di magico, che forse uno studio d’incisione non sarebbe riuscito a restituire. Presenza poetica di assoluto rilievo nel panorama letterario contemporaneo, Patrizia Valduga ha fatto propria la crisi del linguaggio poetico moderno ed ha perseguito, con esiti sorprendenti, la ricerca di un’espressione in cui l’antico e il moderno, l’aulico e il quotidiano, il sublime e il volgare, si coniugano e si contaminano. Daniele di Bonaventura, pianista di formazione classica e virtuoso del bandoneon – con cui accompagna da anni Paolo Fresu – convertitosi alla causa della musica improvvisata, forte di analoghe esperienze avute con David Riondino, Alessandro Haber e Lella Costa, ha accettato la sfida, arricchendo con discrezione e gusto sopraffino la poesia della Valduga, che non cerca mediazioni ed arriva direttamente al cuore. La poetessa veneta ha scelto di utilizzare, per quel reading improvvisato, una corposa selezione da una delle sue prime importanti opere, «Donna di dolori» (Mondadori 1991), poi riproposta da Einaudi, insieme a «Corsia degli incurabili» (1996), nella raccolta «Prima Antologia». Sono questi i testi poetici della Valduga più rappresentati in teatro. Scelta quanto mai indovinata: così come ha incantato il pubblico presente quella sera a Mirano, il magico connubio fra musica e poesia continuerà a sedurre, ne siamo certi, anche i nuovi ascoltatori.

Semillas

Remedio

Gutenberg 3025

Laura Vigilante (vocals), Alberto Zuanon (double bass), David Beltran Soto Chero (classical guitar, charango, quatro).
Guest: Sergio Marchesini (accordion) on tracks n. 1/3/5/9/10/12.

1) María la portuguesa (C.Cano); 2) Mechita (M.R.Ballesteros);
3) Hasta la raíz (N.Lafourcade); 4) Luna tucumana (A.Yupanqui);
5) El cosechero (R.Ayala); 6) No soy de aquí ni soy de allá (F.Cabral);
7) El desierto (L.de Sela); 8) Mambeado; 9) Respira (N.Doco);
10) Tataralí; 11) La jardinera (V.Parra); 12) Porro (G.Montaña).

Live recorded at Piccolo Teatro Tom Benetollo, Padova,
by Stolfo Fent; mixed and mastered at Urban Recording Studio,
Trieste, by Fulvio Zafret and Maurizio Camardi.

Nato come trio estemporaneo, unito dalla comune passione per la musica sudamericana, con l’obiettivo di partecipare ad un concorso poi vinto, Remedio è subito diventato un vero e proprio gruppo. Ospite di quel concerto – da cui è stato tratto «Semillas» – il fisarmonicista Sergio Marchesin si è subito appassionato al progetto, entrando stabilmente nell’organico, che è oggi un quartetto. Remedio ci guida in un suggestivo viaggio lungo le Ande, attraverso la musica e la poesia di importanti autori sudamericani, che ben conosce David Beltran Soto Chero, eccellente chitarrista peruviano da tempo stabilitosi in Veneto, area in cui vivono sia il contrabbassista Alberto Zuanon, molto attivo anche in ambito jazzistico, sia la vocalist Laura Vigilante che lo stesso Marchesini. Remedio non esegue brani originali, ma sceglie con molta attenzione il suo repertorio, per nulla banale. L’America Latina di lingua spagnola è qui rappresentata quasi per intero, con una lieve predominanza di Argentina e Messico, mentre i brani scelti sono stati tutti composti dopo la seconda guerra mondiale. Uniche eccezioni sono l’iniziale Maria la portoguesa, dello spagnolo, meglio sarebbe dire andaluso, Carlos Cano, attento comunque alle musiche dell’area latina (in questo caso al Fado), così come El desierto, della statunitense Lasha de Sela, il cui padre però era messicano. Alcune canzoni hanno più di mezzo secolo, come la nostalgica Luna Tucumana o La jardinera, dell’immensa Violeta Parra, altre invece sono più recenti, come Tataralí e Mambeado, di Onda Vaga, rock band alternativa uruguaiana, o la suggestiva Respira, della cantautrice argentina Natalia Doco, oggi residente in Francia, con testo che alterna lo spagnolo al francese. Pur presente in appena sei dei dodici brani, la fisarmonica di Marchesini appare in perfetta sintonia con gli altri musicisti, confermandosi un prezioso acquisto specie nel trascinante finale di Porro, del colombiano Gentil Montaña, unico brano strumentale dell’album ed ideale trampolino di lancio per l’efficace chitarra di Beltran Soto Chero.

 

Laura Vigilante (vocals), Alberto Zuanon (double bass), David Beltran Soto Chero (classical guitar, charango, quatro).
Guest: Sergio Marchesini (accordion) on tracks n. 1/3/5/9/10/12.

1) María la portuguesa (C.Cano); 2) Mechita (M.R.Ballesteros);
3) Hasta la raíz (N.Lafourcade); 4) Luna tucumana (A.Yupanqui);
5) El cosechero (R.Ayala); 6) No soy de aquí ni soy de allá (F.Cabral);
7) El desierto (L.de Sela); 8) Mambeado; 9) Respira (N.Doco);
10) Tataralí; 11) La jardinera (V.Parra); 12) Porro (G.Montaña).

Live recorded at Piccolo Teatro Tom Benetollo, Padova,
by Stolfo Fent; mixed and mastered at Urban Recording Studio,
Trieste, by Fulvio Zafret and Maurizio Camardi.

Born as an impromptu trio sharing a passion for Latin music and the goal to take part in a contest they would later win, Remedio became an actual group straight away. A guest at one of their concerts – from which «Semillas» was taken – accordionist Sergio Marchesini got into the project and joined the line–up on a permanent basis, and the trio became a quartet. Remedio lead us in a journey through the Andes Mountains through the music and poetry of significant Latin American authors that David Beltran Soto Chero knows well. He is an excellent Peruvian guitarist who settled in Veneto, the region where double bass player Alberto Zuanon (who plays jazz as well), vocalist Laura Vigilante and Marchesini himself live. Remedio do not play original tunes, but choose their repertoire very carefully and make sure it is not ordinary. Nearly all Spanish–speaking Latin American countries are represented, even though Argentina and Mexico are slightly dominant, and all the songs selected for the album were composed after World War II. The only exceptions are the opening track Maria la Portuguesa by Andalusian musician Carlos Cano who is well aware of Latin music styles (fado in this case) and El desierto by American singer Lhasa de Sela, whose father was actually Mexican. Some songs were composed more than fifty years ago like the nostalgic Luna Tucumana or La jardinera by the extraordinary Violeta Parra, while others are more recent like Tatarali and Mambeado by Onda Vaga, a Uruguayan alternative rock band, or the evocative Respira by young Argentine, France–based singer–songwriter Natalia Doco, with lyrics partly in Spanish, partly in French. Even though it only plays in six out of twelve tracks, the accordion of Marchesini is perfectly in tune with the other musicians and is a great asset especially in the enthralling closing track Porro by Colombian musician Gentil Montaña, the only instrumental on the album and ideal springboard for Beltran Soto Chero’s excellent guitar.

 

Fale Curte

1993-2023

Gutenberg 3024

Lino Straulino (voce, chitarra acustica), Gianni Cattaino (flauto), Bruno Cimenti (chitarra elettrica), Lorenzo Bianchi Quota (basso elettrico), Franco Stocco (batteria).

1)) Tiere di Cjargne; 2) Cjauans; 3) Tu ven vie; 4) La Cort dal Salvan; 5) Che di Peonis; 6) No si po’ vivi plui; 7) Done Mari (tradizionale); 8) L’union dai Pais da mont; 9) Cuan’ che un al mancje; 10) Ducj i arbui (tradizionale).
Parole e musica di Lino Straulino ad eccezione dei brani n. 7 e 10

Registrato da Bruno Di Gleria nel 1993; trasferito su supporto digitale da Michele Di Gleria nel 2021; missaggio e mastering di Bruno Cimenti nel 2022 per Primigenia Produzioni.

Il gruppo Fale Curte si è formato all’inizio degli anni ’90, avendo il suo più celebre componente nel cantautore Lino Straulino, che in quel periodo era già uno dei maggiori esponenti della Nuova Musica Friulana, corrente musicale caratterizzata dall’utilizzo della lingua minoritaria friulana in un nuovo contesto musicale, non strettamente legato alla tradizione popolare, ma a generi come il metal, il folk–blues, il progressive, il rock e l’hip–hop. Quest’originale esperimento di “crossover” li ha fatti diventare il primo gruppo musicale carnico a cantare il rock in friulano. La band, dopo una registrazione pubblicata solo su cassetta nel 1993 ed un gran numero di fortunate esibizioni live, ha finito per sciogliersi nel 1996. Riunitosi a distanza di vent’anni, dopo aver pubblicato nel 2021 un nuovo lavoro, sempre per Gutenberg, «Muiart», Fale Curte ha sentito l’esigenza di riprendere in mano quelle vecchie registrazioni che, grazie al minuzioso lavoro prima di Michele Di Gleria, e poi di un altro componente del gruppo, Bruno Cimenti, chitarrista ed eccellente ingegnere del suono, sono tornate a nuova vita. Le dieci canzoni contenute in quella cassetta vengono finalmente pubblicate, trent’anni dopo, su compact–disc ma soprattutto in tutte le piattaforme digitali, sia di download che di streaming. «1993–2023» – disco in cui oltre al prog fanno capolino, per l’importante spazio assegnato al flauto, i Jethro Tull di Ian Anderson – si rivela così una riscoperta felice quanto necessaria, affinché quelle storiche tracce non vengano più dimenticate. Scrive nelle note di copertina Lino Straulino ricordando quegli anni: “… la formazione a cinque divenne stabile e gli arrangiamenti sofisticati di Bruno crearono il sound del gruppo. Le mie canzoni presero una forma più estesa, con l’aggiunta di parti musicali eclettiche, di sapore jazz e progressive …”. Questa preziosa riedizione “aggiornata” rappresenta anche l’occasione per ricordare uno degli storici componenti di Fale Curte, Gianni Cattaino, precocemente scomparso nel luglio 2021 in un incidente di montagna, che con il suo efficace flauto aveva contribuito non poco a forgiare il sound della band.

Beppe Costantini

A posto così

Gutenberg 3023

Beppe Costantini (flauti, chitarra, basso), Davide Ragazzoni (batteria) con: Adelia Ivonne Colombo (corno francese) in 1/4/5/7/9, Stefano Scutari (chitarra) in 3/8/9, Francesco Carlon (piano) in 4/5/6, Lica Cecato e Alessandro Tosi (voce) in 3/9/10, quartetto d’archi (Pietro Costantini, Rossella Mazzocchelli, Luca Penzo e Alvise Stiffoni) in 2/5/7/9/10.

1) Danzón for My Father (Oscar Hernández); 2) Grazie J; 3) A posto così; 4) Bossa Rossa; 5) Rosa; 6) Cannaregio; 7) Adios; 8) Tristemente allegro; 9) Parco Navagero; 10) Mesole. Tutte le composizioni, fuorché il brano n. 1, sono di Giuseppe Costantini

Registrato, mixato e masterizzato a Venezia nel corso del 2022 presso il Waterland Studio Venice da Cristiano Verardo; assistente alla registrazione Nicola Costantini.

Da almeno trent’anni Beppe Costantini è un attivo e prezioso protagonista del panorama musicale veneziano, flautista talentuoso quanto aperto e trasversale – virtù rare in tempi in cui invece prevale, anche nella musica, un’esasperata specializzazione – capace di passare con disinvoltura dalla musica classica a quella brasiliana, dal pop raffinato alla canzone di qualità. Dopo una lunga serie di prestigiose collaborazioni, il pluristrumentista (che qui oltre al flauto suona il basso, ed in qualche brano anche la chitarra) può finalmente mostrare ad un pubblico più ampio, con il primo disco da leader, le sue notevoli qualità musicali. «A posto così» appare come una prova solistica matura, a lungo attesa quanto minuziosamente preparata. Se erano ben note, specie fra i musicisti, le sue straordinarie doti di flautista, si rimarrà invece felicemente sorpresi nello scoprire il suo non comune talento di compositore e arrangiatore. Non c’è spazio per l’improvvisazione nei suoi numerosi interventi solistici: ogni passaggio, anche il più difficile e complesso, è stato rigorosamente studiato e fissato sulla partitura. Senza impiegare importanti mezzi tecnici e finanziari, Beppe Costantini ha avuto il merito d’esser riuscito a dare a tutte e dieci le tracce dell’album un suggestivo respiro orchestrale. Siamo in presenza di otto brani strumentali e di due canzoni (A posto così, che dà il titolo al disco, e Mesole), tutti di sua composizione se si esclude la deliziosa “danzón” del pianista portoricano Oscar Hernández. Il risultato è alla fine più che soddisfacente anche per merito degli eccellenti compagni di viaggio che lo affiancano, fra cui il batterista Davide Ragazzoni (unico musicista, oltre al leader, presente in tutto il disco), e l’amico Stefano Scutari, apprezzato chitarrista ed innamorato come lui della musica sudamericana. Grazie ad arrangiamenti efficaci e funzionali, un corno francese ed un quartetto d’archi sembrano bastare a far conferire ad un piccolo ensemble i cangianti e variegati colori di un’orchestra.

Djiana Sissoko

Pantera

Gutenberg 3022

Djana Sissoko (voce), Luigi Genise (piano, organo Hammond), Tobia Ciaglia (basso elettrico), Gennaro Scarpato (batteria, percussioni).

1) Amsterdam; 2) Baila; 3) Debole e fragile; 4) Papà; 5) Bitches on My Car; 6) Mano; 7) Mentiroso; 8) Pantera; 9) Specchio. Tutte le canzoni (testi e musica) sono di Djana Rosa Sissoko Arrangiamenti di Luigi Genise.

Registrato tra Cosenza e Siena da Antonio Staropoli e Luigi Genise in febbraio, mixato da Luigi Genise in marzo e masterizzato da Francesco Malizia in aprile 2022, presso il KayaStudio di Quattromiglia (Cosenza).

Questo è davvero un album speciale per Djana Sissoko, che segna una vera e propria rinascita, grazie a cui ritrova sé stessa nella musica. Ogni frase dei suoi testi racconta quello che è oggi, cosa ha trascorso e cosa ha capito. Dopo il disco del debutto, «By My Own», tutto acustico, registrato in duo con il chitarrista Massimo Garritano nel 2018, quando non aveva ancora diciannove anni, si è via via delineata la sua strada. «Pantera» è il frutto di un lavoro lungo, paziente e faticoso; c’è voluto tempo per cercare lo stile musicale più adatto a rappresentarla. Sono stati fatti molti tentativi, con musicisti diversi, non sempre riusciti, fino a trovare finalmente i partner ideali per mettere a fuoco questa sua nuova dimensione artistica. Le nove canzoni che compongono il disco sono belle sia per la musica, le melodie soprattutto, che per i testi. Voleva sperimentare qualcosa di diverso da quello che di solito fa quando collabora con il padre, Baba Sissoko, immersa al suo fianco nelle atmosfere del jazz, del blues o della World Music. Esperienze comunque importanti, che l’hanno aiutata a trovare un rinnovato stile espressivo, con una musica giovane, viva e contaminata, fatta di belle melodie e di tanto groove. In «Pantera» Djana dà il meglio di sé con la voce, notevolmente maturata in questi quattro anni, grazie anche ai riusciti arrangiamenti di Luigi Genise, un pianista eccellente (qui anche all’organo Hammond) che ha collaborato con importanti protagonisti sia della musica italiana, come Pino Daniele, che internazionale, come Jamie Dolce. Genise è anche un profondo conoscitore della Black Music. È riuscito ad interpretare nel migliore dei modi le idee della cantante, che questa volta ha scelto di non suonare la chitarra, come aveva fatto nell’album precedente, e di scrivere quasi tutte le nuove canzoni in italiano, la sua lingua, ad eccezione dell’inglese di Bitches on My Car e dello spagnolo di Baila e Mentiroso. Questa scelta ha consentito a Djana di esprimere in modo ancor più sincero e compiuto le sue emozioni ed i suoi sentimenti.

Djana Sissoko (vocals), Luigi Genise (piano, Hammond organ), Tobia Ciaglia (electric bass), Gennaro Scarpato (drums, percussion).

1) Amsterdam; 2) Baila; 3) Debole e fragile; 4) Papà; 5) Bitches on My Car; 6) Mano; 7) Mentiroso; 8) Pantera; 9) Specchio. All songs (lyrics and music) composed by Djana Rosa Sissoko Arrangements by Luigi Genise

Recorded between Cosenza and Siena by Antonio Staropoli and Luigi Genise in February, mixed by Luigi Genise in March and mastered by Francesco Malizia in April 2022, at KayaStudio, Quattromiglia (Cosenza), Italy.

This is a very special album, an actual rebirth for Djana Sissoko, thanks to which she found herself again in music. Each sentence of her lyrics tells who she is today, what she has been through, what she has realized. After her acoustic debut album, «By My Own», recorded in duo with guitarist Massimo Garritano in 2018, when she wasn’t yet nineteen years old, her path has gradually become more defined. «Pantera» is the result of a long, patient and demanding work: it took some time to find the musical style that best represents her. Many attempts were made, and not always successful, with different musicians, until the ideal partners to focus on this new artistic dimension were finally found. The nine songs that make up the album are all beautiful both for the music, especially the melodies, and the lyrics. Djana wanted something different from what she usually does when collaborating with her father, Baba Sissoko, mainly immersed at his side in the atmosphere of jazz, blues or world music. Nevertheless, those experiences were important as they helped her to find her own expressive style, through a young, vibrant and contaminated music made of beautiful melodies and a lot of groove. In «Pantera» Djana gives her best with her voice which has matured considerably over these last four years, thanks also to the excellent arrangements by Luigi Genise, a marvelous pianist (here he also plays the Hammond organ) who collaborated with important names of both Italian and international music, such as Pino Daniele and Jamie Dolce respectively. Luigi also has a deep knowledge of black music and managed to interpret the singer’s ideas in the best way. This time, unlike the previous album, Djana chose not to play the guitar and to write almost all her new songs in Italian, her native language, except for the English of Bitches on My Car and the Spanish of Mentiroso and Baila. This choice allowed her to express her emotions and feelings even more honestly.

Stefano Montello

Il tempo delle erbacce

Gutenberg 3021

Stefano Montello (voce, chitarra acustica), Luca Moreale (chitarra elettrica, basso), Federico Montello (batteria, basso). Ospite: Riccardo Pes (violoncello) nei brani n° 3 e 6.

1) Sementi; 2) La parte migliore; 3) Il popolo; 4) Lucifero; 5) Il tempo delle erbacce; 6) Il compagno Santiago. Tutte le canzoni sono di Stefano (parole) e Federico (musica) Montello Arrangiamenti di Federico Montello in collaborazione con Luca Moreale

Registrato e mixato da Federico Montello nel 2021; mastering e produzione esecutiva di Bruno Cimenti per Primigenia Produzioni.

Stefano Montello, musicista, scrittore e cantautore, è il fondatore degli FLK, celebre gruppo etno–rock friulano nato alla fine degli anni Ottanta. Tra i suoi libri ricordiamo «Manuale ragionato per la coltivazione dell’orto» (2014), «L’albero capovolto» (2016), «Nuviçute mê e sûr» (2016), traduzione in friulano del Cantico dei Cantici in quartine di ottonari, con cui ha vinto il Premio di Poesia San Vito al Tagliamento. L’ultima sua produzione artistica unisce i due aspetti complementari della sua attività. «Il tempo delle erbacce» (2022) abbina infatti al libro un disco Ep contenente sei canzoni, e sottotitolato per questo “Sei pezzi facili”. L’autore spiega così quest’ultimo suo lavoro: “sia il libro che il disco parlano di piante e di donne, di uomini irregolari e mal compresi. Ma né il libro né il disco sostengono teoria o propongono soluzioni. Le canzoni, a differenza della letteratura, hanno il vantaggio della sintesi, dell’evocazione, si nutrono di non detto. Soprattutto le canzoni finiscono subito. E non hanno necessariamente uno svolgimento. Neppure le canzoni di questo disco ce l’hanno… Resta il fatto che a fronte della terribile complessità del mondo, queste canzoni hanno la prerogativa di essere facili.”. Ascoltate con attenzione queste sei canzoni hanno il pregio dell’immediatezza, scorrono via piacevolmente senza per questo essere banali, anzi, i testi non sono affatto “facili” come spiega il cantautore ed il titolo lascerebbe intendere. Accompagnato da due eccellenti musicisti, il chitarrista Luca Moreale ed il figlio Federico, percussionista ed eclettico polistrumentista, ma soprattutto autore delle musiche e degli arrangiamenti, Stefano Montello, autore dei testi delle sei canzoni, con «Il tempo delle erbacce» lascerà certamente un segno non trascurabile nel panorama della canzone d’autore italiana di questo nuovo decennio. Siamo di fronte ad un disco semplice e diretto, ma non per questo minimalista, raffinato ma essenziale, che si giova della come sempre accurata e competente produzione artistica di Bruno Cimenti.

SirJoe Polito

My Friend Ray

Gutenberg 3020

SirJoe Polito (guitars, vocals) with: Carlo De Bei (electric guitar), Danilo Scaggiante (alto, tenor and baritone sax), Gianni Spezzamonte (electric bass), Marco Campigotto (drums), Willy Mazzer (harmonica), Stefano Santangelo (mandolin), Fabrizio Pittalis (keyboards), Michele “Lele” Pagiaro (electric bass), Graziano Guerriero (drums), Ivano Berti and Matteo Sansonetto (vocals), Daisy Voltarel and B–Wops (backing vocals). Special Guests: Paul Millns (piano, vocals) on n. 1/7, Butch Coulter (harmonica) on n. 2/4, Jeff Pevar (mandolin, ukulele, guitars, vocals) and Inger Nova Jorgensen (vocals) on n. 5/11.

1) Crazy ‘Bout an Automobile [Every Woman I Know] (B.Emerson); 2) Ditty Wah Ditty (A.Blake); 3) Alimony (T.Tucker, B.Lee Jones, W.Young); 4) Jesus on the Mainline (Traditional); 5) Across the Borderline (R.Cooder, J.Hiatt, J.Dickinson); 6) 13 Question Method (C.Berry); 7) How Can a Poor Man Stand Such Times and Live? (A.Reed); 8) Little Sister (D.Pumus, M.Shuman); 9) Go Home Girl (A.Alexander); 10) The Dark End of the Street (D.Penn, C.Moman); 11) Tattler (W.Phillips, R.Titelman, R.Cooder); 12) Goodnight Irene (H.Ledbetter, A.Lomax).

Recorded, mixed, edited and mastered at Pigio’s Highfield Studios, Venezia, by Pierluigi “Gigi” Campalto (thanks to Martino Favalli), during 2020 and 2021; Across the Borderline and Tattler mixed by Jeff Pevar in Ashland, Oregon.

Ry Cooder è un’icona musicale degli ultimi cinquant’anni: anche chi non conosce il suo nome apprezza la sua musica, perché è unica, di quelle che lasciano il segno. Ma è anche uno di quegli artisti che se si amano lo si fa con una tale intensità che è quasi impossibile non diventare poi contagiosi. Così è stato per Sergio Polito, in arte “SirJoe”, che al suo eroe ha dedicato questo «My Friend Ry», omaggio sentito e sincero, come lo potrebbe fare un vero amico, anche se i due non si conoscono personalmente. Sin dalle prime note di Crazy ‘Bout an Automobile la sua passione appare genuina. Sergio Polito – da più di trent’anni cantante e chitarrista dei B–Wops, storico gruppo blues veneziano che ha due album alle spalle – ricama con le sue chitarre, sia acustiche che elettriche, un omaggio a Ry Cooder onesto e rispettoso, dimostrando di aver appreso dal celebre chitarrista californiano l’arte di reinterpretare in modo personale i brani altrui. Aiutato da una nutrita schiera di talentuosi amici–musicisti italiani – ma ci sono anche ospiti internazionali del calibro dell’inglese Paul Millns, così come degli statunitensi Butch Coulter e soprattutto Jeff Pevar, sorprendente “one–man band” in Tattler – Polito ripercorre un po’ tutto il repertorio cooderiano. Va così a rileggere il blues delle origini, il gospel, il tex–mex ed il rock’n’roll, ma sempre con grande gusto, versatilità ed anche – non è facile quando si affrontano simili repertori – una buona dose di originalità. Aiutato, o fors’anche influenzato, dall’amico giornalista e scrittore Aldo Pedron – che a Ry Cooder ha dedicato ben due libri – il chitarrista e cantante veneziano ha raccolto in studio un gran numero di musicisti, altri li ha registrati a distanza, e sono così state messe a punto, in quasi due anni, nonostante la pandemia, con molta pazienza e grande professionalità, le dodici splendide tracce che sono andate poi a comporre «My Friend Ry». L’apporto di ciascuno degli invitati è stato importante, ma vanno messi in rilievo i preziosi interventi, oltre che dei tre straordinari ospiti stranieri, della chitarra elettrica di Carlo De Bei, dei sassofoni di Danilo Scaggiante e dell’armonica di Willy Mazzer, ottimamente supportati dalla granitica coppia ritmica formata da Gianni Spezzamonte e Marco Campigotto. Il tutto è avvenuto sotto l’efficace ed attenta supervisione di un sapiente “regista” musicale come Sergio “SirJoe” Polito, autorevole protagonista di un album godibile e per nulla banale, come il toccante finale di Goodnight Irene sta a dimostrare.

SirJoe Polito (guitars, vocals) with: Carlo De Bei (electric guitar), Danilo Scaggiante (alto, tenor and baritone sax), Gianni Spezzamonte (electric bass), Marco Campigotto (drums), Willy Mazzer (harmonica), Stefano Santangelo (mandolin), Fabrizio Pittalis (keyboards), Michele “Lele” Pagiaro (electric bass), Graziano Guerriero (drums), Ivano Berti and Matteo Sansonetto (vocals), Daisy Voltarel and B–Wops (backing vocals). Special Guests: Paul Millns (piano, vocals) on n. 1/7, Butch Coulter (harmonica) on n. 2/4, Jeff Pevar (mandolin, ukulele, guitars, vocals) and Inger Nova Jorgensen (vocals) on n. 5/11.

1) Crazy ‘Bout an Automobile [Every Woman I Know] (B.Emerson); 2) Ditty Wah Ditty (A.Blake); 3) Alimony (T.Tucker, B.Lee Jones, W.Young); 4) Jesus on the Mainline (Traditional); 5) Across the Borderline (R.Cooder, J.Hiatt, J.Dickinson); 6) 13 Question Method (C.Berry); 7) How Can a Poor Man Stand Such Times and Live? (A.Reed); 8) Little Sister (D.Pumus, M.Shuman); 9) Go Home Girl (A.Alexander); 10) The Dark End of the Street (D.Penn, C.Moman); 11) Tattler (W.Phillips, R.Titelman, R.Cooder); 12) Goodnight Irene (H.Ledbetter, A.Lomax).

Recorded, mixed, edited and mastered at Pigio’s Highfield Studios, Venezia, by Pierluigi “Gigi” Campalto (thanks to Martino Favalli), during 2020 and 2021; Across the Borderline and Tattler mixed by Jeff Pevar in Ashland, Oregon.

Ry Cooder has been a music icon for the past fifty years; even those who don’t know his name love his music, because it’s unique, and leaves a mark. He’s one of those artists who when you love them your passion becomes so intense that it’s impossible not to be contagious. It has been like this for Sergio Polito, known as “SirJoe”, who has dedicated this work «My Friend Ry», a sincere and heartfelt gift, as only a true friend could do, even if the two don’t know each other personally. From the first notes of Crazy ‘Bout an Automobile his passion is genuine. Sergio “SirJoe” Polito – singer and guitarist of B–Wops for more than thirty years, historical Venetian blues band with two albums out already – enriches this honest and respectful tribute to Ry Cooder with his guitars, both acoustic and electric, and proves to have mastered from the famed Californian guitarist the art of reinterpreting other musicians’ songs in a personal style. Helped by a great group of talented Italian friends–musicians – but also international guest players of the likes of the English Paul Millns, the Canadian Butch Coulter and above all the American Jeff Pevar, incredible “one–man band” in Tattler – Polito revisits almost the entire Cooder’s repertoire. They reinterpret the blues origins, gospel, tex–mex and rock ‘n’ roll, always with great taste, versatility and also with a good dose of originality, even though it’s not easy to follow such a wide range of genres. Helped or maybe influenced by a friend, writer and journalist Aldo Pedron, who has dedicated two books to Ry Cooder, the Venetian singer and guitarist brought together a large number of musicians in the recording studio, while some others were recorded from a distance, and so set up in almost two years, despite the pandemic, with patience and great professionalism, the twelve wonderful tracks which make up the album «My Friend Ry». The contribution of each guest was important, but the precious work on the electric guitar by Carlo De Bei, the saxes by Danilo Scaggiante and the harmonica by Willy Mazzer, excellently supported by the granite rhythm section formed by Gianni Spezzamonte and Marco Campigotto, must be highlighted, as well as the three extraordinary international guests. Everything happened under the efficient and careful supervision of the knowledgeable music producer, Sergio “SirJoe” Polito, who created a pleasant listening and certainly not banal rendition, as the touching final track Goodnight Irene proves.

Fale Curte

Muiart

Gutenberg 3019

Lino Straulino (voce, chitarra acustica), Gianni Cattaino (flauto, sax soprano), Bruno Cimenti (chitarre elettrica e acustica, bouzouki), Lorenzo Bianchi Quota (basso elettrico, armonica), Franco Stocco (batteria). Ospiti: Marco Spiccio (pianoforte, organo) nei brani 5/10, Nives Agostinis (cori) nei brani 9/10, Metamorphosis String Quartet nel brano 10.

1) La prime volte; 2) La strie; 3) Dut ce ch’al reste; 4) No’nd’è pâs; 5) A New York; 6) Man man; 7) L’ultin no’l sarà mai prin; 8) Licôf; 9) I miei colôrs; 10) Doman; 11) La ploe d’atom. Testi e musica di Lino Straulino (testo di Leonardo Zanier nel n. 8).

Registrazione, missaggio e mastering a cura di Bruno Cimenti, fra novembre 2019 e ottobre 2020, per Primigenia Produzioni.

Il gruppo Fale Curte si è formato all’inizio degli anni ’90, avendo il suo più celebre esponente nel cantautore Lino Straulino, che era già in quegli anni uno dei maggiori esponenti della “Gnove Musiche Furlane” (Nuova Musica Friulana), corrente musicale caratterizzata dall’utilizzo della lingua minoritaria friulana in un nuovo contesto musicale non strettamente legato alla tradizione, in generi come il metal, il folk–blues, il progressive, l’hip–hop, il rap e il punk. Fale Curte, al cui interno va anche evidenziata la presenza del produttore e sound engineering Bruno Cimenti, ha cercato da subito di rielaborare le canzoni in friulano di Straulino con arrangiamenti fortemente permeati dalle sensibilità dei suoi cinque componenti. Quest’originale esperimento di crossover li ha fatti diventare il primo gruppo musicale carnico a cantare rock in friulano. La band si è quindi resa protagonista di un gran numero di fortunate esibizioni live, che sono culminate nella registrazione di un lavoro pubblicato solo su cassetta dall’editore udinese Valter Colle, ma ha finito per sciogliersi nel 1996. Vent’anni dopo, Fale Curte ha deciso a sorpresa di riprendere l’attività per desiderio di tutti i suoi originari componenti. Dopo molti concerti, in cui è stata proposta per lo più una rilettura delle vecchie canzoni, il gruppo ha quindi deciso di registrare del nuovo repertorio, tutto composto da Straulino, e fra novembre 2019 e ottobre 2020, a dispetto delle restrizioni imposte dalla pandemia, il lavoro di studio è stato completato con la supervisione di Primigenia Produzioni. Fra gli ospiti presenti in alcuni brani merita di esser segnalato il pianista genovese Marco Spiccio. Proprio nei giorni in cui il disco veniva stampato, l’11 luglio 2021, ha perso la vita in un tragico incidente di montagna Gianni Cattaino, musicista per diletto, medico ed arrampicatore esperto. Pur fortemente scosso dall’improvvisa perdita, il gruppo ha deciso di proseguire comunque l’attività, anche per ricordare l’amico scomparso.

Manuel Lorenzetti

La strada meno battuta

Gutenberg 3018

Manuel Lorenzetti (voce), Andrea Cordella (tastiere, tromba), Fred Ostile (chitarra, cori), Jacopo Mezzanotti (chitarra), Alex Gorbi (basso elettrico, contrabbasso), Luca Grassi (batteria). Ospiti: Max Valentine (sax soprano e baritono) nei brani 1/2/5/6/7/9, Giulia Vasapollo (clavicembalo) e Gabriele Bernardini (violino) nel brano 10.

1) Aurora; 2) La gonna vorticosa; 3) Il maestro e Margherita; 4) Principesse sirene; 5) La tecnica dell’imbuto; 6) Nuovo ritmo; 7) Sarà per lei; 8) Martina; 9) Tanguedia; 10) La mosca ruggisce. Testi e musica di Manuel Lorenzetti (musica di Giuseppe Conte nel brano n. 10).

Prodotto e registrato a Urbino da Lello Piergiovanni.

Manuel Lorenzetti, cantautore urbinate, classe 1985, aveva scritto delle canzoni che sono gli appunti di viaggio di un ventenne più maturo dei suoi anni, un viaggio che non porta in paesi lontani ma ripercorre esperienze di vita vissuta. I nove brani sono stati poi registrati con la Carmen City Band, ed hanno già avuto una circolazione pur limitata, venendo molto apprezzati non solo dagli appassionati di Urbino e del Montefeltro, visto che Principesse sirene è stata premiata da Stefano Bollani al festival Eroticanzoni di Prato. Ci è sembrato giusto riproporle in un album ufficiale, con una grafica molto curata, aggiungendovi però una canzone più recente, delicata e preziosa, La mosca ruggisce, che testimonia come sia maturata negli ultimi anni la poetica di Lorenzetti. Disincantato ma anche sognatore, capace di unire ironia e poesia, provocazione e melanconia, il cantautore di Urbino condisce le sue parole di molte e differenti influenze musicali, che vanno dal tango a Cuba, dallo swing al rhythm ‘n’ blues (richiamato dall’uso frequente del sax baritono), e presenta le sue canzoni con il supporto di amici–musicisti che le sanno vestire in modo appropriato e convincente. Il chitarrista Jacopo Mezzanotti ed il bassista Alex Gorbi dividono con lui la responsabilità di gran parte degli arrangiamenti, che in Aurora sono invece di Andrea Cordella. Rappresentano certamente un valore aggiunto gli interventi, sempre pertinenti ed efficaci, dei sassofoni di Max Valentine (alias Massimo Valentini) che come Gorbi ha militato nelle prime formazioni di Raphael Gualazzi. Siamo certi che sarà interessante scoprire questo nuovo ed originale protagonista della canzone d’autore italiana che non teme di aver preso la «Strada meno battuta», con una voce un po’ roca e metallica, davvero poco convenzionale ma che lascia il segno. A chi volesse sapere qualcosa di più sulla sua “visione musicale”, consigliamo di leggere il suo “Manifesto della Musica Dip” (che sta per “dipendente”), presente insieme ai testi delle canzoni nel corposo libretto allegato al disco.

Djana Sissoko

By My Own

Gutenberg 3017

Djana Sissoko (vocals, acoustic guitar), Massimo Garritano (acoustic guitar, lap steel MG signature).

1) We Don’t Care; 2) By My Own; 3) Don’t Be Afraid; 4) La mia fuga; 5) Need You; 6) This Morning; 7) Everybody; 8) Foolish; 9) Who You Really Are; 10) Always. All songs (music and lyrics) composed by Djana Sissoko.

Recorded on 27th and 28th January 2018 at Centro Culturale Candiani, Mestre (Venezia), by Roberto Barcaro; mixed, edited and mastered in September and October 2018 at Blue Train’s Recording Studio, Mira (Venezia), by Antonio Morgante.

Nata a Cosenza nel 1999, Djana Sissoko è cresciuta in mezzo alla musica. È figlia di Giuliana e di Baba Sissoko, discendente di una delle più importanti famiglie Griot del Mali. Fin da bambina ha avuto diverse occasioni di incontrare i nonni paterni, entrambi Griot, e dalla nonna in particolare, che canta ancor oggi, ha imparato le vocalità tipiche della musica maliana da cui, com’è universalmente riconosciuto, derivano blues e soul. Appare per la prima volta in un disco del padre nel 2014 («Tchiwara»), e già l’anno dopo è fra i protagonisti dell’album «Three Gees», in cui Baba Sissoko è riuscito a riunire tre generazioni della sua famiglia in un percorso musicale che, partendo dalla madre, Djeli Mah Damba Koroba, attraverso di lui arriva a Djana. È uscito nel novembre 2018 «Fasiya», album di cui condivide la titolarità con il genitore, e che ha già raccolto ampi consensi in Italia e Francia. Djana ha sempre amato scrivere canzoni. Lo fa soprattutto in inglese, fondendo la tradizione musicale africana con le sonorità occidentali del contesto in cui è cresciuta. In queste brevi ma suggestive storie musicali, che racconta accompagnandosi con la chitarra, parla dei sentimenti che i suoi coetanei vivono ogni giorno. Scrive nelle note di copertina Claudio Donà, che ha prodotto il disco con Baba Sissoko: “…tre anni fa Baba mi aveva dato da ascoltare delle registrazioni casalinghe della figlia, che mi avevano colpito per la loro originalità e freschezza. Quando, a distanza di tempo, gli ho proposto di utilizzare lo spazio dove avrebbe tenuto un concerto con il suo gruppo, l’auditorium Candiani di Mestre, per registrare Djana in presa diretta senza pubblico, la risposta è stata subito entusiastica. Sono bastati soltanto due giorni per ottenere più takes di ciascuno dei dieci brani scelti per l’occasione… Quando si è trattato di decidere il titolo del primo album da solista di Djana Sissoko, scegliere quello di una delle canzoni registrate, By My Own, mi è parso quasi naturale. Volevo rimarcare il suo forte desiderio di “fare da sola”, di andare orgogliosamente per la propria strada, scrollandosi di dosso il peso di un padre così bravo e famoso…”.

Djana Sissoko (vocals, acoustic guitar), Massimo Garritano (acoustic guitar, lap steel MG signature).

1) We Don’t Care; 2) By My Own; 3) Don’t Be Afraid; 4) La mia fuga; 5) Need You; 6) This Morning; 7) Everybody; 8) Foolish; 9) Who You Really Are; 10) Always. All songs (music and lyrics) composed by Djana Sissoko.

Recorded on 27th and 28th January 2018 at Centro Culturale Candiani, Mestre (Venezia), by Roberto Barcaro; mixed, edited and mastered in September and October 2018 at Blue Train’s Recording Studio, Mira (Venezia), by Antonio Morgante.

Djana Sissoko was born in Cosenza, Italy, in 1999 and raised with music. She is the daughter of Giuliana and Baba Sissoko, descendant of one of the most important Griot families in Mali. Since she was a child, Djana had several chances to meet her paternal grandparents, both Griot, and from her grandmother in particular, who still sings today, she learned the typical vocals of Malian music, which is universally recognized as the origin of blues and soul. Her first appearance in one of her father’s Cd’s is in 2014 («Tchiwara»), and in the following year she is among the protagonists of «Three Gees», an album in which Baba Sissoko managed to reunite three generations of his family in a musical path that, starting from his mother, Djeli Mah Damba Koroba, arrives to Djana through him. «Fasiya», a record that she made with her father and that has already reached a broad consensus in Italy and France, was released in November 2018. Djana has always loved writing songs. She does this mainly in English, merging the African musical tradition with the western sounds of the context in which she grew. In these brief but evocative musical stories, accompanying herself with the guitar, she talks about the feelings his peers experience every day. Claudio Donà, who produced the record with Baba Sissoko, writes in the liner notes: “… three years ago Baba passed me the home recordings of his daughter, which impressed me for their originality and freshness. When, after some time, I suggested him to use the venue where he would have performed with his band, the Candiani Auditorium in Mestre, to record Djana live and without an audience, the response was enthusiastic. It took only two days to get more takes of each of the ten songs picked for the occasion… When it came to deciding the title for the first solo album of Djana Sissoko, choosing one of the recorded songs, By My Own, seemed almost natural to me. I wanted to emphasize her strong desire to “do it herself”, to proudly go her own way, shaking off the weight of such a talented and famous father…”.

Recorded at Santa Caterina Church, Chioggia (Venezia), on May 10, 2022; mixed and mastered in in September; sound engineers Ivano Boscolo Nata and Roberto Songini.

Guitarist Luca Zennaro, born in 1997 in Chioggia, proves his precocious talent by making «Altera Limes», his third album under his name after «Javaskara» (2018) and «When Nobody Is Listening» (2020) – all of them released by Caligola. However, one must not forget «Cedrus Libani» (2021) released in the UK with HackOut! Trio, whose leadership he shares with saxophonist Manuel Caliumi and drummer Riccardo Cocetti. After completing his education at the Rovigo Conservatory of Music in 2021 under Roberto Cecchetto first and Domenico Caliri then, Zennaro’s talent literally blossomed in 2022, the year he was involved in multiple projects, even as a sideman. Compared to his previous works, «Altera Limes» is a unique album which the guitarist recorded live in a moving studio inside the small, beautiful 15th century Santa Caterina church in Chioggia. It must have been the charm of the place, the intimate performance for a few people, the excellent sound quality resulting from the thorough knowledge of the acoustics which are far from simple, but the trio’s music unfolds with exemplary smoothness and fluidity and balances the rather unconventional structure of the tracks – all of which but Monk’s Let’s Cool One are new. The album, as made clear by its title, evokes the expansion of music beyond our common perception. Ideas alternate according to dynamics that benefit from both the excellent interplay between the musicians and their ability to suggest the rhythm, but also from the succession of themes and the harmonic ambiguity of the compositions. In this regard the support given by Francesco Bordignon’s solid bass and the creative drumming of the English musician Phelan Burgoyne, with whom they form a tight-knit and ingenious trio, is essential. The leader’s guitar sounds more intimate and more meditative than ever and is exemplary in its art of subtraction. The brief comment penned by British pianist Kit Downes, an ECM artist, is appropriate: “… It’s a pleasure to sit down and listen to the magical new album by Luca Zennaro – it’s resounding, rich in details, unique and marvelously melodic…”.

Üstmamò

Il giardino che non vedi

Gutenberg 3016

Luca Alfonso Rossi (chitarre, voce e cori, basso, drum machine, batteria, piano, tastiere, organo Hammond, vibrafono). Aggiunti: Simone Filippi (batteria, organo Hammond) nei brani n. 1/2/3/7/8/11; Ezio Bonicelli (chitarra, violino, timpano) nei brani 1/3/4/). Ospiti: Mauro Zobbi (basso) nel brano n. 3; Silvia Barbantini (voce recitante) nel brano n. 2.

1) E sai cosa c’è (S. Barbantini); 2) Siamo di qua (S. Barbantini); 3) Luce mai riposa (Marco Menardi); 4) La luna alla tv (M. Menardi); 5) È come una giostra (M.Menardi); 6) Una volta era meglio (L. A. Rossi); 7) Ali vive libero (L. A. Rossi); 8) Sono andato nel campo (Sandro Campani); 9) Vieni avvicinati (S. Campani); 10) Il buio sospeso (S. Campani); 11) Piccola nave (M. Menardi). Tutte le musiche sono di Luca A. Rossi: i testi come sopra indicato.

Registrato e mixato tra gennaio 2017 e giugno 2018 da Luca A. Rossi presso l’Ust Recording Station di Villa Minozzo (Reggio Emilia); masterizzato da Davide Barbi.

Nel 2015, a dodici anni di distanza dal loro scioglimento, Luca A. Rossi e Simone Filippi, spiazzando tutti, hanno riportato alla ribalta una delle storiche formazioni dell’underground italiano, gli Üstmamò – ch’erano stati attivi dal 1991 al 2003 – pubblicando a sorpresa un nuovo album di inediti, «Duty Free Rockets» (Gutenberg Music), cantato in inglese e con chiare ambientazioni “blues roots” di matrice nordamericana. Nel 2018 Luca A. Rossi e Simone Filippi, con l’aiuto di un altro storico membro della band, Ezio Bonicelli, tornano a far parlare degli Üstmamò con un nuovo lavoro originale, «Il giardino che non vedi», composto ancora da undici canzoni inedite, ma questa volta tutte in italiano; il disco riavvicina la band alle sue sonorità più classiche, con atmosfere tipicamente di fine millennio, incrociando minimalismo e la tradizione, segnatamente americana, della “guitar song”. Dietro a questa nuova fatica c’è l’aiuto di tanti ospiti e collaboratori, tutti amici, ma anche, molto importante, quello di Giovanni Lindo Ferretti, già mentore dei loro primi tre album, con cui Rossi e Bonicelli da qualche anno collaborano attivamente, soprattutto dal vivo. Come nei precedenti lavori, anche in questo disco si possono ascoltare dei bozzetti del tutto personali, coinvolgenti ed estremamente suggestivi. La nuova direzione oggi intrapresa dalla band appare ancora più intima e malinconica, senza per questo mai cadere nella nostalgia. Tutte le musiche sono composte da Luca A. Rossi, mentre i testi, ad esclusione di due canzoni interamente del leader, sono firmati da Marco Menardi, componente del gruppo milanese Wolfango, dallo scrittore Sandro Campani, originario come Rossi e Filippi dell’Appennino tosco–emiliano, e da Silvia Barbantini, qui anche voce recitante, già cantante degli Üstmamò prima di Mara Redeghieri, e che torna quindi a collaborare dopo quasi trent’anni con la storica band reggiana. Per il principale artefice e riconosciuto leader del gruppo, Luca A. Rossi, “… questo disco è una dichiarazione d’amore profondo al posto in cui vivo un atto di affetto ai suoi boschi, ai suoi fiumi, alle sue strade, alle sue montagne, ai grandi cieli azzurri, al vento che ti toglie il respiro, alle stagioni che passano, a tutto quello che passa davanti alla mia finestra, al piccolo pezzo di mondo in cui vivo (l’Appennino reggiano). Dentro ci sono le mie radici, c’è un legame profondo e misterioso che non so spiegare. Lo sentivo da bambino e lo sento ora: per fortuna sono di qua. Alla fine, mi sembra che questo disco sia la più sincera e naturale maturazione degli Üstmamò, e per fortuna siamo ancora qua …”. Aggiunge ancora Rossi parlando del nuovo lavoro: “Non ho una regola fissa quando mi metto a comporre, ogni volta è sempre diverso. Difficilmente ho le parole, anzi non le ho quasi mai, poi il lavoro prende la sua strada e alla fine di questo tragitto ha un carattere, una personalità, anche se non lo vedi, lo senti e se presti attenzione ti si presenta… “. Se in «Duty Free Rockets» la paura nell’affrontare una canzone senza avere a fianco l’incisiva voce di Mara Redegheri è stata vinta rifugiandosi nell’inglese, lingua apparentemente più adatta al nuovo corso musicale della band, ne «Il giardino che non vedi» Luca A. Rossi, che si è sempre sentito soprattutto un chitarrista, rompe ogni indugio, sia come cantante che, in due brani, come paroliere, dimostrando che in questo contesto musicale può funzionare molto bene anche l’italiano. Una menzione particolare merita infine la raffinata veste grafica del disco, il cui booklet contiene riproduzioni di opere originali su lastra d’ottone, dipinte a tecnica mista, dell’artista Mirko Zanni.